Sostituire generatori di calore con nuove caldaie a condensazione in condomini: come gestire le canne fumarie | Articoli | Ingenio

2022-10-14 21:41:44 By : Mr. jick zhu

La sostituzione di una vecchia caldaia autonoma con una di nuova generazione a condensazione in un condominio richiede un’attenzione particolare soprattutto per la progettazione dello scarico dei fumi. Qui una disamina delle normative da seguire.

La sostituzione di una vecchia caldaia autonoma con una di nuova generazione a condensazione in un condominio richiede un’attenzione particolare dal punto di vista normativo.

Le maggiori problematiche si riscontrano nel momento in cui si deve progettare lo scarico dei fumi, in quanto la legge impone che avvengano sul tetto.

Tuttavia vi sono alcuni casi in cui è possibile realizzare scarichi a parete. La realizzazione di un sistema di scarico fumi necessita di massima attenzione e conoscenza delle legislazioni sia a livello nazionale che locale, oltre che conoscenza tecnica. Di seguito saranno riassunti gli elementi essenziali da tenere in considerazione.

Cambiare la propria caldaia con una nuova a condensazione all’interno di un’abitazione privata risulta meno complicato rispetto a quanto possa sembrare.

Diversamente, se si dovesse sostituire una caldaia autonoma in un’unità immobiliare condominiale vi sono maggiori restrizioni normative alle quali ci si deve attenere.

Tali restrizioni variano a seconda della tipologia di generatore di calore installato.

Prima di entrare nello specifico è utile ricordare che le caldaie si distinguono in tre categorie, più precisamente:

Figura 1 - Schema funzionamento delle caldaie camera stagna e a camera aperta.

I generatori a condensazione fanno parte della categoria C, ma si differenziano in quanto invece che espellere all’esterno i gas combustibili, i fumi caldi vengono convogliati all’interno di uno scambiatore che preriscalda l’acqua di ritorno dall’impianto. I fumi, una volta scesi al di sotto della temperatura di rugiada (per i fumi prodotti dalla combustione di metano è pari a circa 56 °C), condensano, tornano allo stato liquido e liberano il calore latente, che viene poi sfruttato dagli scambiatori. Tale funzionamento garantisce una resa superiore rispetto alle caldaie tradizionali, riducendo anche del 30 - 35 % il consumo di gas metano.

La condensazione consente quindi di ottenere significativi aumenti di rendimento rispetto ai generatori tradizionali.

In Italia, a seguito della ricezione della Direttiva Europea 2005/32/CE vi è l’obbligo per i costruttori di cessare la produzione di caldaie non a condensazione a partire dal 2015. Tale data rappresenta una vera e propria rivoluzione in quanto la maggior parte dell’inquinamento atmosferico è dovuto ai gas prodotti dai fumi dagli impianti di riscaldamento.

Installare caldaie a condensazione significa sposare le linee guida che la Comunità Europea ha delineato in ambito di efficienza energetica, senza tralasciare gli obiettivi che sono stati sanciti nel 2018 con la direttiva UE 2018/2001 che prevede che il 32% del consumo energetico avvenga tramite l’utilizzo di energie rinnovabili.

Dagli ultimi dati ISTAT risulta che in Italia la tipologia edilizia prevalente sia costituita da fabbricati ad uso abitativo pluripiano, e a partire dalla seconda metà degli anni ‘80 tali edifici sono dotati di impianti di riscaldamento autonomi.

In questi fabbricati nella maggior parte dei casi sono presenti caldaie a metano a camera aperta (Tipo B) con lo scarico dei fumi in canna fumaria collettiva ramificata in calcestruzzo, i quali sono poi espulsi in copertura.

Nello specifico, nei condomini possiamo trovare tre tipologie differenti di canne fumarie:

Figura 2 - Tipologie canne fumarie: A) Camino con scarico a tetto; B) Scarico a parete; C) Canna Fumaria ramificata.

Le maggiori problematiche si verificano quando al momento della sostituzione di una caldaia ci troviamo di fronte a canne fumarie che rientrano nelle tipologie 2 e 3.

La caratteristica principale delle canne fumarie collettive ramificate è la presenza di un condotto secondario per ogni unità immobiliare che corre parallelamente al condotto principale condominiale e che confluisce in esso dopo circa l’altezza del piano stesso.

Diversamente le canne fumarie collettive semplici presentano particolarità costruttive differenti in quanto l’innesto al condotto principale avviene in modo diretto.

Si può affermare che tali configurazioni sono compatibili con le caldaie a condensazione.

Dobbiamo ricordare che, come detto in precedenza, la normativa italiana prevede l’obbligo di installazione di un determinato tipo di caldaia in caso in cui si debba sostituire un apparecchio non più funzionante.

In questi casi ci può trovare di fronte a molteplici problematiche come ad esempio la composizione materiale del condotto fumario esistente: le caldaie a condensazione emettono infatti fumi che possono corrodere le pareti delle canne fumarie in quanto sono molto acidi e necessitano di essere trattati e smaltiti in un determinato modo.

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Per generatori installati in unità ad uso abitativo con potenza nominale fino a 35 kW, la normativa UNI 7129:2015 parte 5 obbliga la raccolta dei residui liquidi (anch’essi acidi) generati dalla caldaia a seguito della condensazione dei fumi di combustione, e il loro convogliamento diretto nell’impianto fognario.

Per quanto riguarda le prescrizioni tecniche dello scarico di condense nella rete fognaria la normativa di riferimento è il D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152, e s.m.i., parte terza, il quale si occupa di scarichi di qualsiasi tipo, pubblici e privati, diretti ed indiretti, in tutte le acque superficiali e sotterranee, pubbliche e private, nonché in fognature, sul suolo e nel sottosuolo. Nello specifico, il Decreto stabilisce che le acque immesse negli scarichi fognari devono avere un pH compreso tra 5,5 e 9,5 affinché non si possano presentare problematiche di corrosione delle tubazioni. 

Tale problematica però può essere superata facilmente in quanto nel caso in cui si smaltisse la condensa prodotta direttamente nello scarico domestico, la quantità di acqua reflua di ogni abitazione, essendo di gran lunga superiore a quella della condensa scaricata, ha la capacità di neutralizzare l’acidità dell’acqua di condensa rendendone possibile lo scarico diretto in fognatura.

Ad esempio una caldaia a condensazione da 30 kW produce mediamente 2,8 - 3 litri/ora di condensa acida, mentre un’abitazione media nello stesso intervallo di tempo genera circa 45 - 50 litri/ora di acque reflue con un pH basico: tale portata ha la capacità di abbattere l’acidità senza l’utilizzo di neutralizzatori artificiali.

Di norma tutte le caldaie di nuova installazione devono avere una canna fumaria apposita che scarica i fumi ad un’altezza precisa oltre il colmo della falda, esistono però delle situazioni in cui queste prescrizioni possono essere non rispettate.

La normativa prevede, oltre che lo scarico a tetto, anche lo scarico a parete a patto che vi siano determinate e appurate condizioni.

Come detto sopra, per tutti gli impianti di riscaldamento di nuova installazione o che sostituiscono uno precedente, si ha l’obbligo di scarico in copertura, come previsto dalla Legge n. 90 del 2013, poi confermato con modifiche dal D.Lgs n.102 del 4 Luglio 2014. La motivazione principale deriva dal fatto che le sostanze emesse sono nocive per la salute umana: basti pensare alle polveri sottili, alla CO2 ed agli ossidi di azoto che se inalati posso avere conseguenze gravi sull’uomo.

Ne deriva che, a partire dal 31 agosto 2013 tutte le caldaie sostituite debbano avere solamente lo scarico sul tetto, con l’ammissione di alcune deroghe che permettono lo scarico a parete.

L'art. 5 comma 9 della L. 90/2013 stabilisce che “Gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 devono essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione, con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente”.

Il comma 9 bis prevede invece la possibilità di derogare a tale prescrizione e di poter scaricare a parete i fumi nei seguenti casi:

Una volta constatato la possibilità di adottare lo scarico a parete esistono però delle prescrizioni tecniche non derogabili come le distanze minime che il terminale di scarico deve avere.

La Normativa di riferimento è la UNI 7129:2015 parte 3 oltre che naturalmente il regolamento condominiale.

La legge prevede che l’amministratore e tutti i condomini diano la possibilità al singolo proprietario di installare la propria caldaia per il riscaldamento.

Nel caso in cui però l’Assemblea condominiale non permetta di adottare lo scarico a parete si deve immediatamente deliberare affinché venga messa a norma la canna fumaria esistente o sostituita con una idonea per caldaie a condensazione. 

Una volta appurato che lo scarico a parete è consentito oltre che alle Normativa di riferimento sulle distanze minime che non deve mai essere derogata, vige un’ulteriore legge che non deve mai essere tralasciata durante la progettazione o l’installazione di una nuova caldaia autonoma, ovvero la legge del buon senso molto semplice e fondamentale se non si vuole avere litigi con gli altri condomini oppure rischiare di non poter utilizzare alcune zone del cortile in quanto vi è il pericolo che cadano gocce acide derivanti dalla condensa di scarico.

Diversamente, se viene concesso lo scarico a parete ci si deve attenere a quanto riportato nella norma UNI 7129:2015 parte 3, nella quale si fa riferimento alle fasce di rispetto ossia le distanze che il terminale deve avere rispetto:

Se si entra più nello specifico le distanze da considerare rispetto ai balconi ed alle finestre sono (Figura 3, in cui ):

La normativa inoltre riporta una specifica ben chiara nel caso in cui a catasto il balcone preso in considerazione venga definito “praticabile”, in questo caso i terminali dello scarico devono seguire restrizioni ancora più stringenti, nello specifico la distanza tra lo sbocco dei fumi ed il perimetro esterno del balcone non deve avere uno spazio inferiore ai 2 m considerando anche l’altezza di un’eventuale sistema di protezione come può essere il parapetto.

Figura 3 - UNI 7129-3:2015 – Distanze minime rispetto a balconi e finestre in base alla potenza nominale del generatore di calore.

Si deve considerare inoltre la possibilità che lo scarico a parete possa creare comunque problemi con i vicini i quali possono invocare l'art. 844 del Codice Civile, il quale introduce il concetto di immissioni intollerabili che, nel caso di scarico a parete fa riferimento all’intollerabilità di fumi ed esalazioni nocive sprigionate da uno scarico non situato sul tetto.

Infine vi sono ulteriori norme che si devono tenere in considerazione nel momento in cui si installano nuove caldaie: il Decreto interministeriale 26 giugno 2015 in merito all’applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici, i regolamenti UE 811/2013 e UE 813/2013 in merito all’utilizzo di prodotti con etichettatura chiara, sulla quale sono riportate le prestazioni energetiche e marchiate CE.

Come visto in precedenza la possibilità di effettuare lo scarico a parete è consentita se si rispettano determinate condizioni. In questo caso si deve però considerare la necessità di affidarsi un professionista che certifichi l’impossibilità tecnica di utilizzare la canna fumaria esistente condominiale per lo scarico al tetto.

L’asseverazione da parte di un tecnico abilitato è una condizione fondamentale, inoltre dovrà verificare l’esistenza di eventuali Regolamenti edilizi Comunali o Regionali che possono essere ancora più stringenti.

Successivamente la ditta incaricata ad effettuare i lavori dovrà fornire la Dichiarazione di Conformità, documento attraverso il quale il tecnico installatore dichiara che l’intervento è stato effettuato rispettando le normative in vigore.

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